fast animal slow kids
“E’ già domani” il nuovo album dei Fast Animals and Slow Kids è un lavoro aperto alla discussione che vuole abbattere i confini di genere esplorando nuove soluzioni sonore.
Fast Animals and Slow Kids o FASK come li chiama la loro fan base sono un gruppo di Perugia che si è costruito la fama a suon di live, il loro album d’esordio “cavalli” risale al 2011, anni prima che l’indie italiano tornasse di moda.
“E’ già domani”, sesto album della band, spazia dal cantautorato americano alla new wave senza pregiudizi, ma con la voglia di osare accavallando i synth alle chitarre. Il risultato è un album pop-rock con dei ritornelli potenti che già immagino cantati a squarciagola in venue sempre più grandi. Li abbiamo intervistati:
Ciao, come state?
Direi bene, a parte un po’ di ansia.
Beh l’ansia è normale averla prima dell’uscita di un disco.
Si, anche perché se non ce l’hai vuol dire che non te ne frega una mazza.
A proposito dell’album, volevo farvi una domanda sulla cover, che mi piace molto, quindi vi chiedo: chi l’ha fatta, cosa rappresenta?
La cover è in realtà è un quadro di 150×150 che rappresenta la concretezza che cercavamo, in questi due anni in cui abbiamo investito molto tempo sulle nostre idee. Sinceramente penso non ci sia niente di più potente di un quadro che resta li.
Il quadro è di Alessandro Cardinale che ha una mano incredibile, a cui abbiamo chiesto di fare un primo quadro dal quale estrarre poi delle tavole per tutti i singoli del disco.
Volevamo trasmettere attraverso la cover qualcosa che fosse indefinito per la gente, anche per questo non abbiamo gli occhi nel dipinto.
In “cosa ci direbbe” cantate con Willy Peyote che è ufficialmente la prima persona con cui fate un feat. Come mai avete scelto lui? Ve lo chiedo perchè a prima vista non pensi sia l’artista più affine a voi, mentre ascoltando la canzone ti fai un’idea diversa.
Penso che la risposta che ti darò ha anche un peso psicologico: Abbiamo scelto di fare un feat, il primo come hai detto tu, forse anche per colmare il senso di solitudine di questi anni di pandemia e credo che in fondo la risposta più sincera sia questa.
Willy è un amico, è concreto e sapevamo che con lui sarebbe andata bene, secondo noi il risultato è perfetto.
Il pezzo da il titolo all’album e lo apre dice: “Le vertigini hanno paura di tuffarsi e non volare”, una frase che a me personalmente è arrivata immediatamente poiché la trovo perfetta come intro e poi la trovo romantica e onirica allo stesso tempo, come mai l’avete messa li?
Ti dirò, la canzone di cui parli è l’ultima che abbiamo registrato, pensavamo fosse giusto introdurre e quindi creare un atmosfera che ci accompagnasse in tutte le anime di questo disco, perchè il disco è pieno di anime diverse: c’è quella oscura, c’è quella aperta alla condivisione e alla chiacchiera.
Volevamo portare l’ascoltatore verso un qualcosa di più onirico. La canzone si riferisce a quel momento in cui sei sull’orlo di un burrone dove ti trovi affacciato davanti alle prepotenze della vita.
C’è un tema che secondo voi lega insieme “E’ già domani”? Io musicalmente lo sento molto arioso, me lo immagino come un disco da ascoltare on the road in un posto sperduto.
Immagini bene, è proprio quello che volevamo, siamo in trip con il drive-in rock, questi viaggi che continuano e ti lasciano immaginari molto ampi che si riflettono nelle tematiche del disco, che poi più che tematiche sono domande. È un confronto, una condivisione è un disco aperto alla chiacchiera e alla discussione.
“Rave” è uno dek miei pezzi preferiti, mi piacciono i riferimenti velati che ci sono nel testo…
Se è vero che fare musica è anche rubare, nel senso che prendi in prestito da altri per cercare di rielaborare secondo la propria visione, perchè penso che prima di tutto si è ascoltatori che musicisti.
Se è vero che è cosi credo che bisogna farlo nel migliore dei modi e quindi rubare più in alto possibile, puntando ai Re che in questo caso sono Mercury e De Andrè.
Puntare ai grandi è una cosa che ci diciamo a noi stessi perchè molto spesso per paura di fallire si fanno le cose in piccolo, non ci si mette in gioco e non ci si mette sull’orlo del burrone invece noi vogliamo farlo, ed è importante ricordarsi di questo principio, che poi è lo stesso di quando abbiamo iniziato a suonare.
Mi state dicendo che questo dunque è un album più ragionato e riflessivo mentre gli altri vostri dischi erano forse più istintivi?
No, non è così. Noi scriviamo sempre in modo istintivo solo che per questo disco abbiamo avuto molto più tempo per lavorarci, capirlo e svilupparlo nel modo migliore per noi.
Siete reduci da un tour acustico, e questa è una cosa nuova per voi dal momento che i vostri concerti sono energici al massimo. Come l’hanno presa questa decisione i fan?
I nostri fan ci vogliono davvero tanto bene anche per questo prima di decidere di fare un tour abbiamo provato tantissimo anche perchè non sapevamo a cosa saremmo andati in contro. Ma ora possiamo dire che siamo molto soddisfatti, anche emotivamente, dell’esperimento che abbiamo portato in giro.
A proposito di esperimento, avete anche fatto una graphic novel, “Come reagire al presente”, come è andata e ci sarà un continuo di quest’avventura?
Al momento non abbiamo pensato ad un continuo perché è un progetto chiuso a se stesso, però è stato un progetto bellissimo che ci ha mostrato anche una nuova luce e ora siamo più completi.
Volevo chiedervi una cosa che non c’entra molto con la musica: pare che in Italia ci sia aria di cambiamento, vedi il referendum sull’eutanasia legale e sulla cannabis che in pochissimi giorni ha sorpassato le 500 mila firme necessarie. Forse avrebbero dovuto fare lo stesso con il DDL Zan, così da non farla diventare la barzelletta dell’anno. Qual è il vostro punto di vista?
Noi ci sentiamo parte di un cambiamento e cerchiamo di farlo concretamente con la nostra musica ma a prescindere da questo speriamo che questo sia solo l’inizio di un nuovo cambiamento politico e sociale.
Noi pensiamo che fare le cose insieme può sicuramente portare dei risultati, fare aggregazione mentale può aiutare tantissimo tutti.
Si è parlato spesso in Italia del fatto che i cantanti non supportino gli altri colleghi e che dunque non ci sia unione tra chi fa musica. Voi lo fate? Cosa ne pensate?
Beh io (Aimone Romizi voce, chitarra e percussioni dei FASK), organizzo eventi e concerti e da sempre cerco di sostenere e aiutare band emergenti che mi piacciono molto. Poi sui social faccio poco, ma nella vita vera cerco sempre di sostenere il più possibile chi fa musica.
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